LA FORZA E LA RESILIENZA DI ATHOS PASQUALI

Intervista a un giovane ragazzo con sindrome di Asperger che racconta le sue sfide e le conquiste nel mondo del lavoro e dell’università.

di Francesca Daria Boldo

 

Athos Pasquali, un giovane di 26 anni con la sindrome di Asperger, è uno studente di Informatica dell’Università di Bolzano, dove segue corsi in lingua inglese e tedesca. Oltre agli studi, si dedica anche alla recitazione teatrale e da qualche anno lavora come cameriere in un ristorante a Trento. Ha deciso di condividere la sua storia con L’Inclusione per illustrare le sfide che le persone con disabilità affrontano nella vita di tutti i giorni e, in particolare, nel mondo del lavoro. La sua testimonianza è ricca di riflessioni, sensibilità, ostacoli e conquiste, rappresentando un esempio di forza e resilienza che ispira gli altri.

 

Athos, raccontaci del tuo percorso e delle sfide che hai affrontato.

Avere la diagnosi di sindrome di Asperger è stato un momento importante per me perché mi ha aiutato a dare un nome al mio “malessere” e a rispondere a molti dubbi che mi hanno tormentato sin dall’infanzia. Spesso mi sentivo confuso e alienato, incapace di comprendere appieno la realtà che mi circondava. Ad esempio, sono ipersensibile ai suoni acuti, una caratteristica che ho scoperto solo all’età di 24 anni. Questa sensibilità può diventare così opprimente da causarmi stress e disagio. Tuttavia, una volta compreso il mio disturbo, ho iniziato ad accettare i miei limiti e le mie peculiarità.

 

Come sei entrato nel mondo del lavoro e quali difficoltà hai incontrato?

Ho iniziato a lavorare nel settore della ristorazione come lavapiatti e poi ho proseguito come cameriere alla Locanda Dal Barba, una cooperativa sociale a Trento. Trovare questo lavoro è stata una vera fortuna, poiché la missione della cooperativa è l’integrazione nel mondo del lavoro. Tuttavia, nei miei lavori precedenti, ho affrontato molte difficoltà. Spesso mancava la chiarezza nella comunicazione e molti datori di lavoro tendevano a parlare per sottintesi, il che era particolarmente problematico per me che ho bisogno di istruzioni chiare e dirette. Le mie domande sul perché di determinati compiti venivano spesso mal interpretate come insubordinazione, mentre in realtà derivano dalla necessità di comprendere appieno il processo mentale dietro una richiesta.

 

Come stai affrontando l’università?

L’università è stata un’altra sfida significativa per me, soprattutto nel gestire simultaneamente numerosi stimoli esterni. La mia ipersensibilità agli stimoli rende difficile la concentrazione e spesso porta a sentirmi sopraffatto. È stato durante il periodo universitario che ho toccato il fondo e ho chiesto aiuto medico per capire cosa mi stesse succedendo. Da lì poi è arrivata la mia diagnosi.

Un altro aspetto problematico per me è l’organizzazione: ho la necessità di avere qualcuno che mi dedichi del tempo per insegnarmi un metodo, il quale, una volta appreso, mi permette di affrontare i compiti richiesti con successo. Inoltre, mi è difficile gestire più impegni contemporaneamente poiché ciò provoca uno stress tale da compromettere la mia capacità di ragionamento. Questa difficoltà è accentuata dal fatto che non sono in grado di quantificare il tempo: un mese, una settimana, quanto è? E come la spieghi agli altri la mia mancanza di percezione del tempo? 

Molte persone che mi conoscono affermano che ho una piena consapevolezza della mia situazione, ma la realtà è che non posso permettermi di non conoscermi.

 

Secondo te, quanto è inclusiva la società attuale verso le persone con disabilità?

Purtroppo, credo che la società sia ancora molto lontana dall’essere veramente inclusiva. Troppo spesso le persone con disabilità vengono viste come deboli e la loro disabilità come un problema da risolvere. Io invece credo che ogni individuo abbia le proprie sfide e difficoltà, e il passaggio da “problema” a “disabilità” sia molto sottile. È fondamentale promuovere l’ascolto e l’empatia per consentire a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità, di contribuire pienamente alla società. 

 

 

 

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