L’inclusione. Abbiamo voluto dare questo nome a un progetto editoriale che nasce, però, con l’ambizione di guardare e arrivare oltre. Così come dovrebbe fare, in termini di principio, ogni buona azione e politica fattualmente inclusiva.
Gli obiettivi sono, prima di tutto, evidentemente informativi: un nuovo spazio capace di garantire un dibattito libero, una circolazione di notizie, buone pratiche e casi di eccellenza che rappresentino un modello e consolidino un trend innegabilmente ben avviato sul fronte dell’inclusione sociale. Uno spazio che punta, però, a informare andando oltre, consolidando convinzioni diffuse, smentendo letture ideologiche di un fenomeno che punta ad allargare l’influenza di gruppi sociali, in altri tempi e in altri luoghi “minoritari”, in termini di riconoscibilità e (dunque) d’influenza sociale. Ciò rendendoli parte integrante di un tessuto che, per riconoscerne il valore, non punta a “livellarle”, ma a fare delle loro peculiarità tratti sempre distintivi, invertendo la rotta culturale e facendone elementi di integrazione, sviluppo e crescita collettiva. Di cui le imprese e il lavoro sono protagonisti non solo in vesti strettamente economiche, ma ampiamente sociali.
Cultura: è una delle parole chiave di questa missione. Una nuova cultura figlia di un paradigma che vede superati, anche dai tempi, dibattiti su diversità e divisioni che oggi, all’occhio e alla volontà realmente inclusiva, neppure rilevano come tali.
E veniamo poi alla citata crescita collettiva, concetto portante di un’inclusione che punti a ragionare in modo “olistico”, così come la realtà dei fatti impone e dimostra. Includere non significa (solo) garantire spazi e crescita a componenti sociali “minoritarie”, significa piuttosto garantire spazi a crescita al sociale in sé, alla collettività appunto. Favorire l’impiego femminile, l’integrazione e il ricambio generazionale non significa, appunto, favorire qualcuno o qualcosa di specifico, ma la società tutta, capace di avvalersi di nuova diversità e pluralismo. Il tutto inserito in una cornice di regole chiara che, in un’ottica insieme collegiale e identitaria, punti all’eguaglianza e non all’egualitarismo.
Non potremmo commettere errore peggiore di annullare le differenze per includere, di dare una lettura ideologica a ciò che non ha colore se non quello, universale, della nostra identità, della nostra civiltà, della nostra libertà.
Mario Benedetto
Direttore Responsabile