VERSO LA PIENA PARTECIPAZIONE  DELLE PERSONE CON DISABILITÀ VISIVA

Intervista a Franco Lisi, Direttore Scientifico dell’Istituto dei Ciechi di Milano

 

L’integrazione che passa attraverso la promozione dello scambio attivo tra individuo e società

 

Quando parliamo di inclusione sociale è bene non riferirsi solo alla sfera lavorativa. Per una società realmente inclusiva dobbiamo partire dall’inclusione nel sistema scolastico e poi nella vita sociale e culturale delle persone con disabilità. In particolare, qual è il vostro ruolo per promuovere la completa integrazione dei ciechi, degli ipovedenti e dei pluridisabili visivi?

 “Domanda impegnativa. Più che inclusione, userei la parola integrazione. Integrare presuppone uno scambio, una bidirezionalità nel rapporto tra le persone più fragili e la società – persone che possono dare molto alla collettività e non solo dipendere da essa. L’’inclusione scolastica non significa soltanto aprire le porte dell’edificio ma consentire di fatto la fruizione di tutto ciò che il sistema scolastico – e sociale più in generale – mette a disposizione in termini di servizi alle persone disabili. Come Istituto, il nostro compito è aiutare nell’affermazione di diritti, nella rappresentanza, nella diffusione della cultura della visibilità. La promozione delle pari opportunità valica quelli che sono i nostri compiti coinvolgendo altri enti a livello nazionale, come l’Unione italiana ciechi. 

Riconoscere il diritto allo studio anche alle persone con disabilità sembra ormai scontato eppure non sempre lo è. Nella pratica gli ostacoli sono tanti ma la scuola è il primo grimaldello per fare sì che la persona possa crescere in modo consapevole – del proprio stato fisico, della propria sensorialità e dei propri limiti. I ciechi non possono naturalmente fare determinate cose – vedere i colori o le stelle – ma possono superare i propri limiti fisici compensando con altri sensi o tramite la capacità della mente di affrontare problemi a cui si è sottoposti quotidianamente ed essere parte della società in maniera consapevole. Personalmente, inclusione significa questo: non stare al mondo dipendendo o chiedendo aiuto, piuttosto avendo la capacità di dare qualcosa indietro al prossimo. Poter dare il proprio contributo è frutto di tanti sforzi ma al tempo stesso è un modo per affermare i propri diritti, tra cui quello allo studio.”

 

Sappiamo quanto è importante l’educazione, già dalla giovane età. Come si abbattono le barriere per le persone con disabilità visive nei contesti educativi?

“Il nostro obiettivo è fare in modo che le scuole aprano le proprie porte ai ciechi, non soltanto fisicamente. Il primo passo è abbattere i pregiudizi verso i bambini ciechi nelle classi. Vogliamo che gli alunni non si sentano abbandonati e che gli insegnanti conoscano le strategie e le metodologie che consentono di apprendere in maniera proattiva relazionandosi in maniera efficace. Il nostro compito è quello di intercettare tutti i ragazzi ciechi iscritti in una determinata scuola in modo da poter aiutare il loro insegnante curriculare a farsi carico di loro dal punto di vista didattico attraverso metodologie specifiche e differenziate. Tutti devono poter accedere al mondo della scuola per viverlo in modo presente, riuscito e consapevole. Non vogliamo e non dobbiamo dimenticarci di tutti questi ragazzi che come gli altri si ritrovano seduti al banco dal mattino fino al termine delle lezioni.”

 

Gli obiettivi devono essere quindi garantire l’autonomia e valorizzare le aspirazioni personali di ciascuno a ogni fase della propria vita. Quanto è importante la partecipazione attiva dei ciechi nella società così come in ambito aziendale?

“Negli ultimi anni c’è sempre maggiore attenzione verso le disabilità – una cosa bellissima. A settembre si sono svolte le paralimpiadi a Parigi, in cui è emerso con forza la disciplina e la volontà degli atleti di superare i propri limiti. Un messaggio che può essere traslato dallo sport alla vita di tutti i giorni: la disabilità caratterizza la vita di una persona per tutta la vita, ma ciascuno può trovare il modo per superare i propri limiti. Con tanto impegno e forza di volontà si può tutto. Ovviamente, bisogna avere a disposizione una serie di servizi e in questo contesto gli intermediari, come il nostro Istituto, devono essere messi nelle condizioni di erogarli. Pensiamo, tra questi, a percorsi di formazione per l’accesso al mondo del lavoro. Inclusione sociale significa essere inseriti appieno nella società, significa avere le capacità e le opportunità di relazionarsi, di fare squadra in ogni ambito della vita, dalla scuola al mondo del lavoro. Il ragazzo cieco deve essere assunto dall’azienda non solo perché la legge riconosce alla società che lo assume un piccolo premio, ma anche perché può dare un proprio contributo ed esprimere ciò che ha imparato.”

 

In tutte le fasi e gli ambiti della vita, quanto è importante il ruolo della famiglia per le persone con disabilità visive?

“Il ruolo della famiglia è importantissimo, soprattutto quando la persona con disabilità è molto giovane. Una cosa che i genitori dovrebbero tenere a mente è che, durante la loro crescita, i bambini con disabilità devono poter essere esposti alla sconfitta come gli altri. Non serve a niente metterli sotto una campana di vetro e privarli di attività, opportunità e occasioni che potrebbero aiutarli nella conquista della loro indipendenza solo perché si temono i pericoli a cui potrebbero andare incontro. In fondo sono le piccole sconfitte che fanno crescere. Sono discorsi molto delicati e complessi, ma certo è che i genitori devono fidarsi di Istituti come il nostro, dove ci sono le professionalità e gli esperti che possono guidare correttamente i loro figli in una fase delicata come quella della crescita. I genitori devono dare fiducia ai propri figli, anche se hanno una disabilità. Se ben accompagnati e guidati questi ragazzi potrebbero stupirli e rivelare un potenziale da restituire alla società, magari superiore a quello di tanti altri bambini.”

 

Ci aiuta a sfatare qualche pregiudizio, qualcuno dei luoghi comuni di cui ha parlato in precedenza?

“I pregiudizi verso i ciechi sono numerosissimi e si riferiscono soprattutto al fatto che molti ci considerano fragili dal punto di vista fisico. Molte persone ritengono che i ciechi non riescano a fare le scale da soli, che non riescano a mangiare perché non vedono dove va la forchetta. Altri ancora credono che i ciechi si sposino soltanto tra di loro e che si muovano soltanto in taxi. 

Ci si dimentica del fatto che tutti noi abbiamo una memoria aptica, che ci permette di percepire gli oggetti attraverso il tatto e ci aiuta a vedere dove vanno la forchetta e il bicchiere quando mangiamo. Tutti i ciechi possono muoversi autonomamente, salire le scale e addirittura prendere la metro in città, senza ricorrere al taxi o ad altri accompagnatori. Il bastone bianco e il cane guida sono nostri grandi alleati, ma è chiaro che anche le città devono essere accessibili, prive di barriere architettoniche. Ci sono ciechi che hanno fatto la maratona sotto i due e trenta, se riescono in imprese del genere è chiaro che queste persone non hanno problemi a fare le scale di casa. 

Non ci sposiamo solamente tra ciechi e, se il problema è la gestione della casa con un convivente, basta ricordarsi che i ciechi possono prendersi cura di una casa propria in maniera autonoma. La domotica e tutta una serie di altre tecnologie ci aiutano oggi a gestire in maniera efficace gli elettrodomestici. In alternativa ci si può dotare di una persona che faccia i mestieri.”

 

 

Bio

Ha frequentato la scuola dell’obbligo presso l’Istituto dei Ciechi di Milano. Ha conseguito il diploma di maturità classica presso il liceo Manzoni di Lecco. Ha lavorato in qualità di programmatore di elaboratori elettronici, analista e capo-progetto in una società di sviluppo software in giovane età. Ha conseguito la laurea in sociologia presso l’Università degli Studi di Urbino con lode e una seconda laurea, sempre con lode, in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Macerata, nell’anno 2013. Attualmente è Direttore Scientifico della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano. La Direzione Scientifica, unitamente ad altri servizi offerti dalla Fondazione, opera a favore del lungo processo di integrazione e inclusione nel mondo della scuola, del lavoro e della società dei non vedenti. È inoltre responsabile della famosa mostra Dialogo nel Buio che da oltre 15 anni, a Milano, si è rivolta a 3 milioni e mezzo di visitatori. Per conto della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano siede a diversi tavoli della pubblica amministrazione e partecipa a convegni nazionali e internazionali in qualità di relatore sulle più svariate tematiche: dall’area educativa, all’inserimento nel mercato del lavoro delle persone con disabilità visiva, dalle problematiche inerenti l’autonomia alle attività di ricerca nel campo delle tecnologie avanzate. Lisi è inoltre Direttore Generale di INVAT (Istituto Nazionale Validazione Ausili e Tecnologie) e dal 2021 è Presidente della Casa del Cieco Monsignor Gilardi di Civate (LC). È consigliere regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.