RISPETTO, EQUITÀ, MERITOCRAZIA: LA BASE PER IL LAVORO INCLUSIVO

Intervista a Carlamaria Tiburtini, Inclusion Leader nazionale di AIDP Inclusion

 

Principi da ricordare con la digitalizzazione nelle risorse umane, dallo screening dei CV ai chatbot. Ecco come la trasformazione digitale sta rivoluzionando la gestione del personale

 

Dottoressa, ci dà una iniziale definizione di diversity hiring?

“Le discriminazioni di genere e le mancate opportunità di crescita personale, professionale e, di conseguenza, delle organizzazioni di lavoro, avvengono principalmente nelle fasi di transizione, cioè nelle fasi di reclutamento e selezione, nel momento delle scelte di studio, formative e di carriera. Da un lato le persone non sono consapevoli né preparate ad affrontare e contrastare le discriminazioni di genere presenti nel mercato del lavoro, dall’altra non sempre gli specialisti e le specialiste che le supportano nelle scelte possiedono le competenze adeguate, semplicemente perché fino a poco tempo fa non sono state considerate competenze professionali strategiche. A perderci non sono solo le persone, ma soprattutto le organizzazioni di lavoro pubbliche e private e l’intera collettività, che non sono capaci di utilizzare le migliori risorse, precludendosi opportunità di sviluppo, crescita e benessere.

Non discriminare, valorizzare le differenze di genere nei luoghi di lavoro, usare dati e statistiche disaggregate per genere per istruire il sistema di decisione ai vari livelli, sono aree di competenza che vanno esercitate in forma professionale da orientatori/trici, manager e specialisti dell’area HR, sindacalisti/e che accompagnano i processi di sviluppo/ristrutturazione aziendale, insegnanti con funzione orientativa, operatori dei Servizi per l’Impiego, delle Agenzie di Lavoro, dei Centri di Job Placement, al pari delle altre abilità tradizionalmente richieste a chi opera nelle fasi di transizione.

Alcuni anni fa, ad esempio, AIDP si è impegnata in un progetto internazionale chiamato ‘GET UP – Gender Equality Training to overcome Unfair discrimination Practices in education and labour market’ per affrontare gli stereotipi delle scelte educative e di carriera e promuovere la parità di genere nell’istruzione, nella formazione, nell’orientamento professionale e sul posto di lavoro. Nonché per garantire che le pratiche di lavoro promuovano l’uguaglianza di genere e non rafforzino gli stereotipi, la segregazione di genere e le disuguaglianze. 

Da questo progetto scaturì uno Standard Minimo Europeo di competenze di genere (EMSC on Gender Equality) per i professionisti e le professioniste operanti nelle fasi di transizione, utile riferimento per identificare i gap di conoscenze e capacità e strutturare un’adeguata risposta formativa. All’interno di questa visione, con ‘diversity hiring’ ritengo si possa vedere il processo di selezione come un processo fondamentale delle organizzazioni in cui far emergere il talento proprio di ciascuna Persona, impegnandosi a considerare e valorizzare tutte le unicità e cercando di rimuovere i bias (consapevoli o meno) e le barriere.”

 

La trasformazione digitale tocca da vicino tanti aspetti della gestione del personale come l’automazione di alcune attività di HR. Quali?

“Ritengo che la trasformazione digitale possa fornire un grande supporto a chi si occupa della gestione del Personale. La maggior parte dei processi HR ritengo sarà interessata da digitalizzazione ad automazione: si pensi ad esempio alle fasi di pre-selezione, alla progettazione delle indagini di clima, alle nuove possibilità (e velocità) di analisi di dati, fabbisogni e di Kpi, alla acquisizione e condivisione delle competenze, la gestione delle performance, il processo di valutazione e autovalutazione, etc.”

 

Dunque anche i processi di selezione sono oggetto di questa trasformazione digitale. Quali saranno gli impatti sui processi di ricerca, selezione e assunzione del personale?

“I processi saranno snelliti delle parti più meccaniche e burocratiche: chi si occupa di ricerca, selezione e assunzione del personale avrà più tempo per dedicarsi alla parte più importante del lavoro: la parte di comprensione e pianificazione, la parte strategica e di settaggio degli strumenti, la parte di accoglienza e di introduzione. Gli esempi su cui potremo avere sempre più benefici sono già in gran parte sotto gli occhi di tutte/i. 

A titolo esemplificativo: lo screening della parte documentale (ad esempio CV trasmessi dai candidati e dalle candidate) diventerà sempre più veloce mantenendo un ottimo livello di accuratezza. E, ancora, i chatbot che consentono alle aziende una ulteriore interazione con ciascun/a candidato/a, offrendo la possibilità di ricevere risposta a molteplici domande circa la posizione, l’ambiente di lavoro, le opportunità di crescita, etc. Risposte che oggi non si riescono purtroppo a dare in modo esaustivo per il tempo limitato che oggi ha il recruiter. E ancora la sempre più ampia possibilità e velocità di impostare analisi dei risultati di un ampio iter selettivo, di rivolgersi a una platea sempre più ampia di candidati/e, etc.”

 

Le tecnologie di IA possono riprodurre bias e generarne di nuovi che discriminano alcune categorie rispetto ad altre. Come è possibile arginare questo problema soprattutto in contesti quali l’assunzione di personale?

“Gli esseri umani hanno dei bias cognitivi. Sostenere che gli esseri umani ne abbiano meno dell’IA è assurdo. Vero è che non siamo consapevoli di tutti i bias che ci portiamo dentro (e appresso) e che chi ‘addestra’ l’IA inevitabilmente trasferisce alcuni dei bias di cui è consapevole e tutti i bias di cui non è consapevole. Ancora una volta, il segreto per ridurre i rischi e ottenere un livello di bias più basso è che chi addestra l’IA sia un team molto ampio e fatto di persone differenti: differenti per età, genere, cultura, provenienza, religione, orientamento sessuale, modalità di apprendimento, aspetto fisico. E certamente non si tratta di un addestramento ‘statico’: continuamente sarà necessario verificare che non ci siano bias nascosti e che non ne nascano dei nuovi di cui tenere conto. 

Infine, credo ancora che mantenere una fase relazionale ‘umana’ (persona-persona) in alcune fasi più avanzate della selezione sia ancora vincente: speriamo che questo non venga mai considerato un ‘lusso’ insostenibile e che resti anche per il futuro la possibilità di esercitare quel pizzico di coraggio che tante volte mi ha permesso di scovare e assumere un talento, anche quando il resto del mondo mi diceva il contrario.”

 

 

Bio
Senior HR Business Partner e la Diversity, Equity & Inclusion (DEI) Leader di Avio Aero. Ha iniziato la sua carriera in Lehman Brothers come Sales Analyst prima di trasferirsi nel mondo HR dove ha accumulato diverse esperienze (L’Oréal, UTC) in particolar modo nell’ambito del change management, talent development, training management, relazioni industriali e sulle tematiche DEI. In Avio Aero dal 2018, supervisiona il coordinamento, la pianificazione e l’implementazione per le attività DEI attraverso il DEI Council, ovvero l’organo di rappresentanza di tutte le funzioni aziendali supportato dal Leadership Team dell’azienda. Inoltre, siede nel DEI Council di GE Aerospace come rappresentante dell’azienda in Europa. È parte dei Board dell’associazione Parks – Liberi e Uguali, di AIDP Piemonte e di Federmeccanica per le Pari Opportunità. È la Inclusion Leader nazionale di AIDP Inclusion e rappresenta l’azienda in diversi tavoli di lavoro – come quelli organizzati da Valore D e StemByWomen – focalizzati sul tema dell’empowerment delle donne. Inoltre, ha fondato il tavolo inclusione I.D.A. dell’Unione Industriali Torino.