Intervista ad Anna Rapallini, co-fondatrice dell’Associazione Happinesski
Il progetto nasce due anni fa in Valle d’Aosta. Ora l’obiettivo è attrarre sempre più ragazzi e famiglie
Cos’è Happinesski? Qual è il vostro modo di promuovere l’inclusione?
“È un progetto che nasce due anni fa quando Filippo, un ragazzo con disabilità intellettiva relazionale, ha fatto richiesta di potersi allenare con uno sci club agonistico al pari degli altri ragazzi. Ci troviamo nel comprensorio di Valtournenche-Cervinia, in Valle d’Aosta. La richiesta di Filippo è stata accolta da una squadra molto prestigiosa del territorio, il Club de Ski, che ha circa 120 atleti tesserati in tutte le categorie. Il club si è dimostrato entusiasta del progetto ed è stato identificato subito l’allenatrice di riferimento con grande esperienza pregressa, Simona Lucianaz, che oltre ad avere le certificazioni necessarie per poter insegnare a tutto il mondo della disabilità, è una maestra di sci con ventennale esperienza.
Inclusione, per lo sci club, è dare a tutti la possibilità di potersi integrare attraverso lo sport; avere gli stessi strumenti e possibilità, con rispetto e fiducia reciproca. La strada verso la completa accoglienza appare ancora lunga: discriminazioni e disuguaglianze sono sotto gli occhi di tutti. Con questo progetto, grazie alle persone e ai loro valori che compongono il Club de Ski Valtournenche, siamo riusciti a creare un ambiente dove Filippo, e tutti gli atleti, sono a tutti gli effetti parte della squadra. E questo, a prescindere da qualsiasi risultato sportivo, è uno degli obiettivi primari dello sci club. I componenti della squadra non identificano più la disabilità di Filippo o le difficoltà che chiunque può avere, ma un compagno di squadra che come loro si allena duramente.”
Quanto lo sport può aiutare a rendere il mondo più inclusivo?
“Lo sport diventa ragione di vita per chi ha delle disabilità. Dà l’opportunità ai ragazzi di accrescere la propria autostima, che spesso è a livelli molto bassi per via di commenti negativi, battute, insulti e pregiudizi che sono costretti ad affrontare ogni giorno. Fare sport, invece, permette loro di diventare sempre più autonomi e consapevoli di se stessi e delle proprie capacità. Non è sempre semplice cimentarsi in un’attività sportiva agonistica, si fanno sacrifici di tutti i tipi, ci si alza presto, ci si allena tantissimo, ma anche questo dà la possibilità di mettersi in gioco, di mettersi in discussione, di imparare cosa significa impegno, fatica, determinazione.
Un esempio di tutto ciò è stato a marzo 2024 quando abbiamo partecipato ai Campionati Nazionali Special Olympics. Vivere quell’ambiente dove i ragazzi, a prescindere che arrivassero primi o ultimi, ce l’hanno messa tutta e hanno dato il loro massimo è stato di grande ispirazione. A dimostrazione che anche per loro è possibile avere le stesse opportunità degli altri. Sono una persona sempre molto ottimista, credo nel cambiamento e posso confermare che stiamo lavorando tanto anche per portare il nostro piccolo cambiamento nell’ambiente che ci circonda. Vorremmo davvero che questo progetto desse una nuova spinta motivazionale a tanti/e bambini/e e ragazzi/e.”
Che tipo di attività portate avanti?
“Il progetto nasce con l’esperienza di Filippo e oggi, a due anni di distanza, posso dire che la scommessa sta dando i suoi frutti. L’obiettivo ora è attrarre sempre più ragazzi e famiglie, ma per farlo avremo bisogno di una sempre maggiore visibilità e anche di sponsor, perché il progetto (e lo sci) è molto oneroso – basti pensare che ogni atleta (nessuno escluso) ha minimo 3 paia di sci, 2 paia di scarponi, più tutto il materiale necessario. Vogliamo quindi far conoscere di più il progetto, perché molto spesso sono gli stessi genitori che vorrebbero introdurre allo sport i propri figli con disabilità, ma non sanno dove cercare e talvolta le informazioni a disposizione sono poche e frammentate. Altre volte invece sono le famiglie stesse ad avere timore che i propri ragazzi non siano in grado di fare qualcosa. In Valle d’Aosta c’è stato un grande investimento verso lo sport inclusivo, con molte iniziative a partire dalla scuola. Vogliamo e dobbiamo quindi dare spazio a qualsiasi disabilità così da poter dire ‘noi ci siamo’. C’è veramente tanta competenza tra le persone che collaborano nel progetto Happinesski, dagli allenatori, ai preparatori atletici, e non c’è nulla di cui avere paura. Vorrei ringraziare il Presidente e Direttore Tecnico del Club de Ski, Manuel Carrozza, ex-atleta di Coppa del Mondo, per averci dato questa grandissima opportunità.”
Cosa vi porta a credere nel progetto e nelle sue potenzialità?
“Vedere la determinazione, la gioia di stare insieme e le amicizie che Filippo ha creato in questi anni ripaga tutta la fatica, la stanchezza e le difficoltà che questa sfida ci ha portato a fronteggiare. In questi due anni Filippo è entrato a tutti gli effetti nel gruppo di amici della squadra. I ragazzi si allenano insieme, fanno le stesse piste e si incitano a vicenda. Gli altri atleti, da parte loro, lo aiutano e gli danno consigli tecnici sulla posizione da tenere o su come scendere e affrontare le curve. Questo ci ha fatto capire che aprirsi alla disabilità è un segnale molto forte, oltre che per gli atleti, anche per la comunità nel suo insieme. Fare sport è sicuramente il primo obiettivo del progetto, ma quello che cerchiamo di fare è lavorare sui valori della società nel suo complesso in un momento storico in cui i scricchiolano un po’. Le nostre attività educano al rispetto della persona, alla valorizzazione culturale e di genere a prescindere della sua identità e delle sue capacità. L’aspetto agonistico è importante, ma gli obiettivi sono più ampi e si rivolgono alla collettività intera.”
Bio
Anna Rapallini, 45 anni, milanese, studi economici umanistici, master in Disability Management, membro del consiglio direttivo dell’associazione Kool kids Italia, Senior HR in una grande banca; ex nuotatrice agonistica, amante dello sport in genere e in particolare dello sci. Mamma di Filippo.