Ecco i risultati del Parks LGBT+ Diversity Index 2024, il questionario annuale ideato dall’associazione senza scopo di lucro Parks – Liberi e Uguali
Obiettivo del questionario – primo strumento di benchmark nel suo genere in Italia – è aiutare i partecipanti a valutare in modo oggettivo le attività intraprese nell’ambito della Diversity & Inclusion legata alla comunità LGBT+. L’Index è stato creato in collaborazione con Ipsos Italia, che ne ha curato l’aspetto tecnico. Quest’anno hanno risposto in 105 tra aziende, enti e istituzioni operanti sul suolo italiano (in aumento del 22% rispetto alla scorsa edizione).
Il questionario ha preso in esame 6 aree di azione aziendale: le policy interne di contrasto all’omobislesbotransfobia; i benefit e i permessi per le famiglie omogenitoriali; le policy e i permessi specifici sull’affermazione di genere (più nota come transizione di genere); l’organizzazione interna per le strategie aziendali di Diversity & Inclusion; le attività di inclusione intraprese; l’impegno verso l’esterno.
I risultati finali mostrano che c’è ancora un 28% tra i rispondenti che non menziona esplicitamente le unioni civili nei documenti delle policy aziendali relativi all’adeguamento della legge Cirinnà (L. 76/2016). Si tratta comunque di un dato stabile nell’ultimo biennio.
Parlando di omogenitorialità, il 44% del campione ha dichiarato di aver esteso permessi e/o benefit aziendali concessi per legge al genitore riconosciuto anche a quello non riconosciuto (o genitore intenzionale), tramite un’apposita policy scritta; in particolare, nel 76% dei casi concede il congedo parentale, mentre il 61% il congedo per malattia.
Il 93% delle aziende rispondenti si è dotata di una policy formalizzata di non discriminazione in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere (registrando un incremento del 6% rispetto al 2023), pur in assenza di una specifica legge italiana di contrasto all’omolesbobitrasfobia (il Ddl Zan venne definitivamente bocciato nell’ottobre del 2021).
Si registrano tutti numeri in positivo per ciò che concerne le persone transgender in azienda. Il 37% degli aderenti al questionario afferma di avere almeno una persona transgender all’interno del suo organico (+4% rispetto allo scorso anno, +8% se considerato l’ultimo biennio) e di averne facilitato attivamente la transizione, in vari modi (attività di sensibilizzazione, possibilità di email aziendali e badge col nome di elezione, servizi igienici gender-free, ecc.) formalizzati in un’apposita policy.
Sono invece il 29% del totale le realtà aziendali che hanno assunto una persona in transizione di genere al momento della selezione (+14% se si guardano i dati del 2023), mentre un altro 19% non ne ha certezza.
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