L’IA AL SERVIZIO DELLE POLITICHE DI DIVERSITY, EQUITY & INCLUSION

Il mondo HR alla prova delle nuove tecnologie tra sfide, rischi e opportunità 

L’analisi della Professoressa Luisa Varriale, Dipartimento di Scienze Economiche, Giuridiche, Informatiche e Motorie (DiSEGIM) dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

 

Negli ultimi decenni la tematica della diversità, equità e inclusione (DEI) ha riscosso una crescente attenzione da parte delle aziende, per le quali le iniziative DEI costituiscono una pietra miliare delle proprie prospettive di sviluppo e innovazione, ponendosi quindi come “condizione essenziale” per la crescita delle stesse aziende e la promozione di efficienza e competitività. 

Percorrendo la strada verso l’Agenda 2030 nell’ottica di attuare una transizione giusta, tutte le organizzazioni, governi e aziende, a qualsiasi livello e in ogni settore di attività, non possono prescindere dall’attenzione alle persone e dalla valorizzazione delle diversità, rispondendo prontamente ed efficacemente all’appello “Leave No One Behind”, al fine di creare un contesto organizzativo inclusivo, equo e diversificato che sia in grado di migliorare il benessere e la soddisfazione di tutti i componenti e contribuisca anche a generare risultati superiori.

Tale condizione essenziale si arricchisce di una particolare caratterizzazione a seguito dell’avvento e della diffusione dell’intelligenza artificiale (IA) che da un lato costituisce una ulteriore sfida da affrontare, anche in termini di potenziali rischi correlati soprattutto perché comporta una maggiore complessità da gestire nelle politiche DEI, e, dall’altro, può rappresentare una valida opportunità nell’ottica di migliorare i contesti organizzativi, avendo un grande impatto nell’applicare l’innovazione per combattere le discriminazioni, sfidare gli stereotipi, costruire team più efficienti e organizzazioni più performanti e collaborative, in modo da creare ambienti lavorativi più rispettosi, aperti, equi e inclusivi.

Secondo un rapporto pubblicato da Russell Reynolds Associates (2019), solo il 35% dei Chief Diversity Officer (CDO), di cui il 63% è stato nominato o promosso al proprio ruolo di CDO negli ultimi tre anni, tiene conto dei dati sulla diversità e, pertanto, se un’organizzazione non ne tiene traccia, è difficile che possa verificare successivamente se la direzione seguita è giusta in termini di attivazione di politiche DEI. Ciò dimostra che matura un fabbisogno concreto di creare un dialogo attivo tra le strategie DEI e l’IA, laddove si focalizzi l’attenzione su una modalità di pensiero e di azione in cui l’IA si consideri come efficace strumento per lo sviluppo e l’implementazione di politiche DEI.

Osservando il lato positivo nella relazione tra DEI e IA, dove si considera il contributo dell’IA nell’intervento sulle politiche DEI per farle diventare aspetti strutturali che vanno a permeare profondamente l’ambiente di lavoro, si evidenzia che l’adozione dell’IA attiva soprattutto una rivoluzione dei processi di recruitment e gestione del personale, riuscendo a superare i limiti propri dei metodi tradizionali e rispondendo in modo più efficace alle esigenze sempre più articolate di un mercato del lavoro più dinamico, fluido, multiculturale e multi-differenziato. 

In particolare, il recruitment diviene un processo particolarmente dinamico e adattabile, riuscendo a migliorare le decisioni strategiche DEI, superare i bias cognitivi soprattutto grazie al blind recruiting, bilanciare innovazione e umanità creando ambienti lavorativi sempre più produttivi, meritocratici, equi e inclusivi. I sistemi di IA possono effettuare previsioni sul comportamento futuro di un candidato e sulle sue performance, riuscendo a catturare dettagli che l’occhio umano potrebbe ignorare, integrando metodi di recruitment tradizionali e manuali, fondati soprattutto sullo screening dei curricula, sui referral e sui colloqui di lavoro. L’IA ha rivoluzionato soprattutto i processi di recruitment, anche se ancora solo il 27% dei professionisti dichiara di utilizzare o sperimentare l’IA generativa, mentre 6 recruiter su 10 manifestano il proprio ottimismo riguardo alle potenzialità dell’IA per il processo di selezione del personale, ma si registra un aumento del 14% tra i recruiter che hanno aggiunto competenze di IA nel loro profilo professionale (LinkedIn, 2024).

D’altra parte, risultano recentemente casi di aziende, in prevalenza statunitensi, in cui si registra una riduzione dei budget e mancanza di supporto per i programmi DEI, difatti alcuni Chief Diversity Officer tendono a rinunciare totalmente perché stanchi di operare da soli. Una valida contromisura a questo parziale trend negativo potrebbe essere rappresentata dall’IA che contribuirebbe a ridurre l’onere per i leader DEI e a ottimizzare i costi, grazie alla sua capacità di semplificare e automatizzare considerando la stesura di contenuti e la creazione di report sulle metriche DEI. Il report 2023-2024 USA Inside Employees’ Minds Survey di Mercer (2023) rileva che il 51% dei dipendenti considera l’utilità della tecnologia per essere più efficienti ed efficaci sul lavoro, andando oltre ai benefici proprio degli addetti alla funzione DEI. 

In generale, in termini di applicazione dell’IA nella prospettiva DEI, è possibile elaborare in tempi molto ridotti enormi serie di dati aziendali alla ricerca di pregiudizi e disuguaglianze, per ogni dipendente e per ogni dimensione della diversità. Allo stesso modo, l’IA supporta efficacemente l’audit delle comunicazioni nella prospettiva DEI con ridotto margine di errore nella definizione di un linguaggio inclusivo e dei contesti culturali considerando la loro continua evoluzione in tempo reale. 

L’IA può anche potenziare la DEI attraverso un migliore coinvolgimento, ad esempio, supportando i reclutatori ad attrarre e coinvolgere talenti diversi attraverso strategie, campagne di sensibilizzazione, descrizioni del lavoro e colloqui più inclusivi. L’IA può migliorare il coinvolgimento del personale nella prospettiva DEI anche grazie al monitoraggio del sentimento e delle performance del personale e guidando il management a migliorare il rapporto con i talenti provenienti da gruppi sottorappresentati in modo da trattenerli. 

L’IA può significativamente ridurre le barriere di accesso al mondo del lavoro anche in termini linguistici. Tale potere si esplicita nella capacità di sintetizzare, analizzare e creare informazioni per conto degli utenti, per contribuire a colmare le lacune in termini di conoscenze e competenze. In questo modo si rende più ampio il campo di gioco e si creano nuove opportunità di carriera a una ampia fascia di persone provenienti da popolazioni svantaggiate, ad esempio per le persone con disabilità migliorando l’accessibilità alle risorse, alle informazioni e agli ambienti di lavoro. 

L’IA, se utilizzata in modo saggio, ha quindi un forte potenziale per infondere diversità, equità e inclusione nelle organizzazioni a livello sistemico. In questa direzione, se viene abbinata alla prospettiva DEI, può garantire che i percorsi e i processi fondamentali supportino la strategia DEI dell’organizzazione e possano persino smantellare pregiudizi storici che altrimenti passerebbero inosservati. 

Tuttavia, fermo restando le potenzialità in termini di impatto positivo dell’IA nella prospettiva DEI, il report Global Talent Trends realizzato da Mercer (2024), guardando allo scenario overseas, evidenzia che nella maggioranza delle aziende statunitensi, che dichiara di non essere pronta a prosperare nell’era della collaborazione tra esseri umani e macchine, solo il 16% dei dipendenti a livello globale sostiene che i leader delle loro organizzazioni stanno adottando l’IA e/o l’automazione.

Focalizzando l’attenzione sulle sfide e i rischi che l’IA potrebbe presentare per le politiche DEI, si sottolinea che potrebbe causare rallentamenti o inversioni di tendenza dei progressi aziendali nell’ottica DEI o addirittura peggiorare i problemi preesistenti. Lo stesso Global Talent Trends di Mercer (2024) evidenzia che solo il 33% dei dipendenti attende (o ha già visto) cambiamenti positivi nel proprio carico di lavoro grazie all’IA e/o all’automazione. Tale risultato è spiegabile in quanto molte aziende tendono a mantenere i vecchi processi anche se adottano le nuove tecnologie.

 Nella prospettiva DEI, l’IA potrebbe amplificare l’emarginazione già presente nell’organizzazione, partendo dal presupposto che non è un canale unidirezionale ma opera a due direzioni: quando si immette qualcosa, ossia informazioni, tutto ciò che esce dipende fortemente da quello che è stato inserito. In particolare, considerando i rischi di bias nell’utilizzo dell’IA generativa, i risultati ottenuti possono reiterare i modelli di pregiudizio presenti nei dati di addestramento, negli algoritmi e negli altri input che la guidano. Gli esseri umani progettano gli algoritmi di IA e, quindi, questi ultimi possono replicare i pregiudizi esistenti nella società. Se si utilizzano dati per addestrare l’IA che contengono pregiudizi o disparità storiche, alla fine potrebbe amplificare questi bias, andando a perpetuare le preesistenti disuguaglianze. 

Un recente report ha evidenziato che il 50% dei sistemi di riconoscimento facciale adottati dalle aziende ha mostrato bias significativi contro le donne e le persone di colore (Hardesty, 2018). È stato anche dimostrato che l’uso di IA nel processo di reclutamento, se manca un adeguato monitoraggio, ha un impatto negativo sulla diversità dei candidati selezionati, favorendo i candidati maschi bianchi, ma correggendo i sistemi per rimuovere i bias sono stati registrati risultati più equi e inclusivi (PwC, 2019).

Allo stesso tempo, l’IA connessa ai sistemi aziendali, in assenza di adeguati controlli, potrebbe danneggiare la privacy e la sicurezza dei dati del personale. Un’ulteriore minaccia di notevoli dimensioni è rappresentata dal digital divide, ossia un forte divario di opportunità tra coloro che hanno la possibilità di accedere alle nuove tecnologie e coloro che non possono farlo; pertanto, solo il primo gruppo che ha accesso all’IA può ottenere nuove risorse e capacità traendone grande beneficio e attivando un processo di crescita professionale. 

Altra criticità riguarda l’impatto sull’occupazione in termini di perdita di posti di lavoro e disparità economiche; difatti l’IA attraverso la forte spinta verso l’automazione potrebbe costituire una minaccia per i posti di lavoro, soprattutto quelli meno qualificati, che coinvolgono spesso i gruppi più vulnerabili. Seppure, un sondaggio recente (Mercer, 2024) rileva che il 56% degli executive riconosce nell’IA un potenziale di creazione di posti di lavoro in azienda (il 44% esprime un parere contrario), ma uno su quattro sostiene che l’IA attiverà cambiamenti radicali nel business model con ripercussioni significative su tutte le posizioni lavorative. 

Pertanto, i top manager e i responsabili HR devono affrontare la grande sfida legata all’impatto dell’IA sulla forza lavoro con il relativo fabbisogno di skill specifiche. In questa direzione, si evidenzia anche che l’IA generativa già riesce a contribuire all’aumento del numero di posti di lavoro caratterizzati da mansioni specifiche e da competenze evolute, lasciando aperto il dibattito sul contributo umano in questo contesto (Figura 1). Nell’ottica specifica del diversity hiring con l’adozione dell’IA, si assiste ad un profondo processo di cambiamento che ha interessato l’assunzione del personale ad opera del progresso tecnologico soprattutto in relazione alla diffusione dell’IA. Difatti, nel 2014 risulta che il 33% delle organizzazioni aveva adottato algoritmi per identificare, reclutare e selezionare i candidati (Gonzalez et al., 2019), e in seguito nel 2020, la percentuale arriva al 55% per le organizzazioni statunitensi che utilizzano algoritmi e analisi predittive nel processo di acquisizione dei talenti (Mercer, 2020a, 2020b).

L’applicazione dell’IA nel processo di reclutamento presenta, come già sottolineato, sia benefici che rischi nella prospettiva DEI. L’IA può supportare i recruiter ad assumere decisioni più equilibrate ed obiettive, riducendo il pregiudizio umano nell’ottica della pratica di gestione della DEI, gettando le basi affinché le organizzazioni possano identificare e valorizzare la diversità nel loro capitale umano. Ciononostante, le questioni etiche e legate alle responsabilità dei pregiudizi nell’IA a confronto con quelli umani restano ancora aperte e oggetto di ampia discussione. 

Al fine di poter anche affrontare i rischi dell’IA nella prospettiva DEI, vengono sviluppate raccomandazioni, normative e linee guida specifiche per assicurare l’equità ed evitare le discriminazioni. In questa direzione, risultano investimenti sempre più significativi nei team dedicati all’etica dell’IA, e le stesse aziende, al fine di rendere i processi di reclutamento in linea con la strategia DEI, cercano di adottare pratiche mirate per garantire maggiore trasparenza nell’uso stesso delle applicazioni IA, fornendo ai candidati spiegazioni chiare e dettagliate su come vengano prese le decisioni, attivando programmi formativi per il personale sull’utilizzo consapevole di tali strumenti, monitorando e correggendo possibili pregiudizi nell’IA, rendendola accessibile a tutti i candidati superando ogni tipo di barriera legata a eventuali disabilità o bisogni specifici, e rispettando la privacy dei dati dei candidati.

Alcuni studi evidenziano principalmente i miglioramenti apportati dall’IA nel processo di selezione e reclutamento del personale, che si traducono in aumento dell’efficienza operativa, miglioramento della qualità delle assunzioni e riduzione drastica dei costi organizzativi.

È stato evidenziato che il 97% delle organizzazioni che ha adottato tecnologie IA ha migliorato l’efficacia delle assunzioni, registrando una riduzione del tempo di programmazione delle interviste e un minore tasso di abbandono dei candidati. I decisori nella misura del 91% dichiarano che l’impiego dell’IA nei processi di assunzione costituisca un fattore necessario per il successo a lungo termine (HBR, 2022). 

Inoltre, secondo il Report di DemandSage, il 76% dei recruiter dichiara che il vantaggio principale derivante dall’IA nel processo di selezione è rappresentato dal risparmio di tempo (Kumar, 2024) andando anche a migliorare la qualità delle assunzioni, riducendo i bias e identificando i candidati più adatti. I candidati selezionati dall’IA aumentano del 14% la propria probabilità di superare la fase di colloquio e del 18% la probabilità di accettare un’offerta di lavoro (Kumar, 2024).

Grazie all’adozione dell’IA, le aziende riducono drasticamente i costi operativi associati all’assunzione. Ad esempio, nello screening dei candidati, le aziende registrano una riduzione del 75% del tempo dedicato a questa attività, riducendo del 33% il tempo medio per assumere un nuovo dipendente (Kumar, 2024). 

Implementando algoritmi di IA si attua un efficace job matching, ossia si ottimizza la corrispondenza tra candidati e posizioni aperte, migliorando la qualità delle assunzioni e diminuendo i costi associati a processi di selezione meno efficaci, andando a ridurre nelle aziende del 50% il turnover dei nuovi assunti, minimizzando i costi legati alla ricerca e alla formazione di nuovo personale. Le spese totali per l’assunzione di nuovo personale si riducono significativamente anche per il risparmio nella promozione della domanda di lavoro, registrando una riduzione del 30% dei costi totali di reclutamento stimata da DemandSage (Kumar, 2024)

Alla luce di queste brevi considerazioni, la sintetica analisi dello scenario relativo alla collaborazione possibile tra strategia DEI e IA dimostra che persiste ancora una situazione confusa e non perfettamente chiara e delineata in merito all’effettivo contributo che l’IA può fornire alle organizzazioni al fine di attivare e realizzare politiche di diversity hiring nell’ambito dell’ampio approccio strategico alla DEI.  

Il ritratto brevemente disegnato del binomio possibile tra strategia DEI e IA, andando soprattutto a ripercorrere le opportunità che ne possono derivare superando le insidie e i rischi di ulteriori forme di esclusione o discriminazioni a danno di gruppi con background culturali, etnici e socioeconomici diversi anche in termini di possibili disabilità o particolari esigenze, evidenzia indubbiamente che ancora permangono difficoltà e lacune nella lettura dello stesso binomio in una prospettiva costruttiva e positiva. 

Nonostante i numerosi e significativi interventi, anche attraverso l’introduzione di normative dedicate a livello internazionale, europeo e nazionale, e la dimostrata volontà di numerose organizzazioni in questa direzione, la società presenta ancora dei limiti dovuti alla propria struttura formale e sostanzialmente chiusa di fronte alla necessità di attivare un processo di cambiamento radicale, processo che richiede un’azione mirata da parte delle stesse organizzazioni di integrare l’IA nella propria strategia DEI in modo responsabile ed etico.

L’IA costituisce la fonte di enormi opportunità nella promozione della diversità, equità e inclusione nelle organizzazioni, ma è necessario attivare una gestione attenta e responsabile al fine di evitare di amplificare disuguaglianze preesistenti. L’integrazione strategica di pratiche DEI con l’IA, adottata in modo etico, può avere effetti molto positivi in termini di miglioramento dei risultati aziendali e soprattutto di definizione di una società più giusta ed equa.

Le organizzazioni, operando in un contesto di crescente globalizzazione e cambiamento sociale, devono affrontare una grande sfida rappresentata da una forza lavoro sempre più diversificata, culturalmente e demograficamente, che viene ulteriormente ampliata con l’introduzione dell’IA soprattutto nei processi di selezione e assunzione con un significativo impatto sul diversity hiring.

In questo quadro generale è auspicabile continuare a definire e adottare misure e iniziative ad hoc (ad esempio, programmi di mentoring, formazione sulla diversità, training su IA, formazione inclusiva sull’IA per una gestione etica, azioni di monitoraggio continuo dei bias algoritmici, campagne informative e di sensibilizzazione, politiche di accesso equo e collaborazioni intersettoriali) per promuovere un concreto cambiamento culturale nella società in modo da raggiungere un equilibrio in termini di convivenza tra strategia DEI e IA, riuscendo a trarre il massimo contributo dell’IA al fine di creare ambienti di lavoro più equi, inclusivi e diversificati.