Intervista a Vivian Fernández de Torrijos, Commissario esperto delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità
La Convenzione internazionale e le sfide quotidiane, un percorso verso una società che non lasci indietro nessuno
Viviamo in un’epoca in cui barriere e pregiudizi vengono abbattuti e la nostra società diventa sempre più inclusiva. Qual è la direzione generale a livello internazionale? Lei è Commissario Onu per i diritti umani delle persone con disabilità. Qual è il suo impegno per questa causa?
“Per prima cosa, è importante sottolineare che a livello internazionale abbiamo la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata in 196 paesi del mondo, tra cui l’Italia. Abbiamo, quindi, dalla nostra parte uno strumento fondamentale che possiamo sfruttare. Una convenzione che esiste da 20 anni, in cui molte sono state le iniziative annunciate ma poche le misure per implementarla realmente. Quello di cui abbiamo bisogno, invece, è un impegno concreto. Io faccio parte della Commissione Onu per i diritti delle persone con disabilità, con me lavorano colleghi provenienti da 18 paesi del mondo, dall’Asia all’Africa passando per l’Europa e l’America, una poliedricità che permette di dialogare e costruire policy con i diversi stati che hanno ratificato la Convenzione portando avanti un approccio coordinato per avanzare sugli obiettivi. Tra le priorità ci sono il miglioramento dell’accessibilità degli edifici e la caduta delle barriere architettoniche delle città. La comunità che circonda e interagisce con le persone disabili deve saperle supportare. La sfida è complessa, ma di vitale importanza per la tenuta sociale.”
Più specificamente, concentriamoci sulla questione delle persone con disabilità. Quali sono gli strumenti che permettono di costruire una società che non lasci davvero nessuno indietro e fuori?
“Come Commissione Onu la nostra prima missione è mettere fine agli stereotipi. Far cadere i pregiudizi è il primo passo per raggiungere una società davvero inclusiva. Abbiamo uno strumento, la Convenzione, i cui obiettivi sono stati realizzati soltanto in parte. Per consentire la piena realizzazione dei principi della Convenzione dobbiamo invece sforzarci di farli vivere ogni giorno, nella vita quotidiana di tutti. Per estirpare gli stereotipi e iniziare il cammino verso l’inclusione la prima cosa da fare è restituire alle persone con disabilità la propria indipendenza. Il compito delle loro famiglie deve essere quello di renderle partecipi nella vita quotidiana e nelle decisioni. Va permesso loro di prendere le proprie decisioni, anche le più piccole, come scegliere cosa mangiare o come vestirsi. Solo se una persona con disabilità si sentirà in pieno controllo della sua vita potrà davvero diventare ogni giorno più autonoma.”
Come ex First Lady di Panama (2004), qual è il ruolo delle istituzioni in materia di diversità, equità e inclusione? Può raccontarci uno (o più) progetti che ha portato avanti durante il suo mandato di First Lady?
“Uno dei maggiori risultati che ho raggiunto nel mio periodo da First Lady di Panama, dal 2004 al 2009, è stato quello di istituire per la prima volta nella storia del Paese un Segretariato per i diritti delle persone con disabilità. La Convenzione Onu chiede a tutti i Paesi che hanno ratificato di avere un’istituzione del genere, ma non tutti ne hanno effettivamente creato una. Il compito principale del Segretariato è quello di inserire le persone disabili nella società, in tutti gli ambiti, e quindi coinvolgerli nelle istituzioni, rendere il mondo dell’educazione più inclusivo e più semplice trovare opportunità di lavoro. Sono stata la prima commissaria donna a creare un’istituzione del genere e, ovviamente, nulla sarebbe stato possibile senza il supporto di mio marito. Il nostro motore è stata la nostra esperienza personale. Abbiamo infatti vissuto sulla nostra pelle quello che significa essere genitori di una ragazza con disabilità, abbiamo dovuto fronteggiare le difficoltà che le famiglie di queste persone si trovano a dover affrontare ogni giorno ed è stato più semplice identificarci.”
Quali sono gli stereotipi maggiori che ha dovuto abbattere come genitore prima e come professionista che si occupa di questi temi, poi?
“I primi pregiudizi che ci si trova ad affrontare sono proprio quelli dei coetanei e dei compagni di scuola. Di solito nessun ragazzo vuole sedere vicino ai bambini con disabilità a pranzo, invitarli a casa per giocare insieme o per uscire. Questo è molto avvilente per i ragazzi che si accorgono che tutti intorno a loro hanno una vita sociale piena e attiva, che si divertono e hanno piani per il weekend, mentre loro no. Questo è un problema gravissimo, non possiamo emarginare intere fasce della popolazione. L’unica cosa che possiamo fare è promuovere l’inclusione, fin dalla più tenera età. Dobbiamo fare in modo che in ogni asilo nido, in ogni classe delle elementari, in ogni squadra di nuoto o di calcio ci siano bambini con disabilità insieme a bambini che non le hanno. Solo così riusciremo ad ‘allenare’ la popolazione all’inclusione, imparando a stare bene e a crescere insieme fin dalla tenera età. Va fatto un enorme lavoro sull’idea, sul concetto culturale che abbiamo della disabilità. Dall’altro lato vanno formati i professionisti a partire da maestri e professori. Ogni ambito della società, infatti, dovrebbe essere aperto e accogliente per tutti, non solo per chi non ha disabilità.”
Quali sono gli obiettivi raggiunti in Commissione e di cui va fiera?
“La Commissione è formata da molti esperti e attivisti che fanno un grande lavoro, sia all’Onu che nel proprio paese. Tuttavia, il nostro lavoro è molto complicato. Il nostro compito consiste nel far sì che nei nostri Paesi di origine siano osservati e completati tutti e 33 gli articoli della Convenzione. Per questo le iniziative che portiamo avanti non possono essere solo operazioni di facciata che vengono fatte una tantum. Lavorare sul pregiudizio e aiutare le persone con disabilità deve essere come innaffiare una pianta, va fatto con cura e attenzione ogni giorno. Non basta fare un’iniziativa lodevole una volta per togliersi il pensiero, il lavoro deve essere costante. Abbiamo il compito di fare del nostro meglio giorno dopo giorno.”
Bio
Activist, Communications, UN Expert for CRPD; Mother of three, Wife of Martin Torrijos, Former First Lady Panamá 2004/2009.