L’articolo evidenzia come mobilità e accessibilità siano cruciali per collegare il talento globale alle opportunità, specialmente per le persone con disabilità
di Petru Capatina – Founder & CEO di WeGlad
Il talento è equamente distribuito nel mondo, le opportunità no. La mobilità è proprio quel flusso che connette il talento alle sue opportunità. Perché questo cordone ombelicale non si interrompi, annullando le aspirazioni dell’individuo, il flusso deve essere continuativo, ovvero accessibile. Tutto è questione di mobilità, in senso compiuto. Intendiamola come l’insieme delle forme di flusso in movimento, ovvero di persone negli spazi, di comunicazioni tra individui, di percezioni, emozioni e aspettative, che sono interconnesse e interdipendenti. Tutto questo è dinamico, tende ad esserlo naturalmente. Eppure, l’assenza di accessibilità ferma uno o più flussi, rendendo difficile o impossibile per un essere umano manifestarsi appieno.
In WeGlad apprezziamo la definizione della disabilità come “il risultato dell’interazione tra persone e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena partecipazione alla società”. Siamo noi che con paradigmi culturali o urbani abilitiamo o meno il prossimo.
Racconto spesso dei pinguini. Da bambini li vediamo come degli animali carini ma goffi, lenti, che inciampano, non volano, disgraziati. Eppure, quando entrano in acqua, sono l’opposto. In acqua sono tra i nuotatori più veloci e agili del mondo. Ecco, nell’acqua è ‘accessibile’.
Un essere umano, con qualsiasi disabilità, può diventare la persona più competente del mondo se tutti gli elementi della sua formazione e lavoro sono accessibili.
Numerosi i talenti persi, con capacità di impatto di una magnitudo superiore, di cui nemmeno conosciamo il nome, perché mai abilitati.
In questo complesso e invisibile dramma sociale, ci corrono in aiuto tre elementi cruciali: la tecnologia, la cultura e gli ecosistemi adattivi.
Tech: i dati sono la radice. Oggi non sappiamo quanto uno spazio sia accessibile, mancano dati oggettivi. L’assenza di informazioni crea una situazione di disagio. Come affrontare un percorso, com’è la destinazione, come prepararsi? In WeGlad, per esempio, ci occupiamo proprio di mappare per le aziende gli edifici in termini di accessibilità a 360°, così colleghi e clienti possono avere dati in fasi di onboarding, trasferte o visite. L’azienda può derivare una roadmap di miglioramento. Non puoi risolvere un problema che non misuri.
Cultura: siamo poco educati su temi di ‘inclusione applicata’. Non sappiamo cosa dire, come dirlo e soprattutto il ‘perché’ certe cose si dicono in certi modi. Prendiamo il tema di ‘persone con disabilità’ o di ‘disabili’. Nel mediterraneo si usa molto il primo termine, spesso percepito come più politicamente corretto. Ma anche qua, ci sono delle ragioni strutturali che validano entrambe, ovvero il dibattito su ‘people first language’ e ‘identity first language’. Questo è uno dei temi più banali. Come si crea quindi dialogo sano se le variabili sono tante? Capendo il ‘perché’, quindi formandosi.
Ecosistemi adattivi: questo tema ha una policromia ampia. Si tratta di investire in fisicità che permetta spostamenti fluidi a persone con disabilità motorie o prevedibili per quelle visive. Mix di suono, luci, colori e texture che facilitino i neuro divergenti. Elementi di comunicazione e di sicurezza visibili e chiari per persone sorde. Cibo nelle mense aziendali che preveda tutte le intolleranze, allergie e scelte alimentari, ecc…
C’è una regola cruciale. Chiedere. Progettare, adattare insieme agli end-user. Non lo facciamo per spuntare una casella, ma per la dignità naturale dell’essere umano, permettendogli di lavorare e realizzarsi appieno.