intervista a Roberto Natale, Direttore Rai per la Sostenibilità
In che modo la Rai sta promuovendo la diversità di genere all’interno dell’azienda, specialmente nelle posizioni di leadership? Ci sono iniziative che stanno contribuendo a migliorare la gender balance all’interno dell’organizzazione?
Il primo passo è imparare a contarsi. Le cifre dicono che le donne sono il 45% della popolazione Rai, ma ancora largamente insufficiente è la loro presenza ai “piani alti”, anche se la tendenza è al miglioramento: sul totale delle posizioni di dirigente le donne – tra il 2021 e il marzo 2023 (ultimi dati disponibili) – sono passate dal 26 al 29%; le nomine a funzionario superiore (il bacino che precede la dirigenza) sono arrivate al 56%; il gender pay gap si è ridotto dal 7,8 al 5,8%. Per spingere più velocemente verso la parità il vertice Rai ha approvato nel giugno 2022 due policy, dedicate all’off screen (le politiche del personale) e all’on screen (la programmazione offerta al pubblico).
Come la Direzione per la Sostenibilità della Rai affronta le sfide legate alla diversità di genere e come si assicura che le politiche siano inclusive non solo in termini di genere, ma anche in altri aspetti della diversità come etnia, orientamento sessuale e abilità?
Sulla diversità etnica abbiamo aperto da due anni un tavolo con le associazioni di italiani/e di seconda generazione impegnate a contrastare il razzismo e la discriminazione e insieme a loro stiamo incontrando i responsabili Rai dei diversi settori (dalla programmazione editoriale alla formazione del personale, dal marketing all’ufficio studi). L’obiettivo è rispondere all’istanza che le associazioni ci hanno posto dall’inizio: “siamo il 9% della popolazione italiana, vogliamo che in tv questa percentuale si veda”.
In tema di abilità supportiamo programmi come “O anche no” (sul versante editoriale) e il lavoro del “disability manager” sul versante interno. Non c’è ancora un’azione specifica sui temi dell’orientamento sessuale.
Qual è il ruolo del Direttore Rai per la Sostenibilità nella promozione di una cultura aziendale più inclusiva? Ci potrebbe condividere iniziative specifiche o progetti che stanno contribuendo a creare un ambiente di lavoro più diversificato e rispettoso delle differenze?
Nel primo Piano di Sostenibilità Rai – approvato all’unanimità dal CdA a febbraio 2024 – abbiamo inserito l’obiettivo di lavorare per la certificazione della parità di genere, che contiamo diventi positivo “vincolo” per la gestione. Nel Piano c’è anche lo sviluppo ulteriore di un progetto che la Rai sta attuando con successo da due anni: “No Women No Panel – Senza donne non se ne parla”. La Rai ha ripreso e rilanciato in Italia un’iniziativa Ue che impegna ad una presenza paritaria di uomini e donne nei dibattiti pubblici: basta coi “manel”, insomma. Il servizio pubblico sta coinvolgendo Regioni, Comuni ed Università a sottoscrivere un patto per evitare monotoni palchi in giacca e cravatta.
Come la Rai integra la sostenibilità e la diversità di genere nei suoi contenuti mediatici e nella programmazione? Ci sono progetti o campagne che hanno avuto un impatto significativo nel promuovere la consapevolezza sulla diversità di genere attraverso i media?
Cito due tipi di azione, tra le varie che il servizio pubblico mette in pratica. Il progetto “50/50”, lanciato dalla Bbc e ripreso dalla Rai insieme a decine di emittenti di numerosi Paesi, prevede che per arrivare ad una equilibrata presenza dei generi si contino nelle trasmissioni le donne esperte: non semplicemente corpi femminili, ma voci autorevoli di magistrate, politiche, economiste, scienziate ecc. In meno di due anni hanno aderito al progetto 60 programmi Rai, ed il fatto di tenere sotto controllo il numero di uomini e donne ha prodotto grandi passi avanti verso una presenza bilanciata. Con l’aiuto anche di un “database delle esperte”, una rubrica di esperte autorevoli nei vari campi, che aiuta a rompere la pigrizia mentale di redazioni abituate a cercare solo voci maschili.
L’altra azione, quella che a mio avviso sta producendo l’impatto più significativo e più profondo perché arriva ad un pubblico larghissimo, è l’offerta della fiction Rai: da “L’amica geniale” (straordinaria storia di emancipazione femminile attraverso la cultura) a “Imma Tataranni”, da “Blanca” a “Lolita Lobosco”, da “Margherita delle stelle” (dedicata a Margherita Hack) a “Folle d’amore” (su Alda Merini), è ormai lunghissimo l’elenco di titoli Rai che raccontano donne protagoniste della propria vita, che si realizzano attraverso il lavoro. Queste proposte arrivano a milioni di persone e offrono – soprattutto alle giovani donne – un modello ben diverso da quello decorativo e complementare di un tempo. Mentre su qualche canale commerciale in contemporanea va in onda “Il Grande Fratello”…
Quali sono gli obiettivi a breve e lungo termine della Direzione per la Sostenibilità della Rai per quanto riguarda la promozione della diversità di genere e l’inclusione? Come vengono misurati e monitorati i progressi in questo settore all’interno dell’azienda?
Ottenere la certificazione della parità di genere, che nello specifico significa tra l’altro percentuali più equilibrate nei gradi alti delle professioni Rai. In tema di inclusione arrivare ad una rappresentazione delle diversità etniche e delle diverse abilità che sia più vicina alla loro presenza reale nella società italiana. La Direzione Marketing ha dato la sua disponibilità ad arricchire anche con queste rilevazioni i monitoraggi sul pluralismo sociale che periodicamente fornisce alle istituzioni che vigilano sulla Rai. E’ una risposta concreta alla sollecitazione contenuta nel nuovo Contratto di Servizio Stato-Rai, che sottolinea la necessità di individuare indicatori (KPIs) per misurare la qualità della nostra offerta.